La “lottizzazione” al tempo del virus e quella presidenza “in quota” Travaglio.

Forse non tutti sanno che, mentre il paese si ritrova a metà del guado dell’emergenza virus in un crescendo di disfunzioni e senza uno straccio di strategia, i partiti di governo sono, da giorni, impegnati ad affrontare quella che ritengono la loro assoluta priorità; il rinnovo delle nomine dei vertici delle società partecipate dallo stato.

Quelli che, in politica, si suol definire “i posti”.

La pietra angolare dell’invasività spartitoria (e predatoria) della “kasta” già oggetto degli strali della feroce propaganda dei 5scemi. Ma quando erano all’opposizione.
Ora che sono in maggioranza, sia pure con un consenso in via di avanzata decomposizione, esigono, incuranti della fase drammatica che attraversa il paese, i loro “posti al sole”.
Proprio come i vituperati “lottizzatori” della prima repubblica.

Anzi, non proprio.

Le lottizzazioni della prima repubblica seguivano, infatti, regole molto ben definite, i più anziani possono ricordare il cosiddetto “manuale Cencelli” che ne stabiliva puntigliosamente i criteri.
Le trattative di allora si svolgevano, pertanto, in maniera, tutto sommato, ordinata.
Lo spettacolo miserando che oggi, in piena pandemia, offrono “i nuovi” assomiglia, invece, a una guerra, caotica e violenta, tra bande di predoni del deserto.
Stendendo un velo sulla capacità, ad oggi, dimostrata dai 5scemi nell’esprimere le “alte dirigenze” (inps e anpal ne sono il grottesco paradigma), la grande novità di questa tornata è la figura, ad oggi inedita, della presidenza “in quota” a un giornale quotidiano.

Com’è noto i 5scemi hanno indicato, per la presidenza dell’ENI (l’ENI!!!!), un soggetto diretta espressione nientepopòdimenoche di.. Marco Travaglio.

Un segno dei tempi.
Una volta era l’ENI a esprimere un giornale.
E si trattava di un quotidiano (il giorno) che vendeva centinaia di migliaia di copie (e anche oggi, in piena crisi dell’editoria, non va poi così malaccio).
Oggi, invece, abbiamo un giornale che vende meno di 25.000 copie (sorpassato da molte testate locali e, addirittura, dalla “verità” di Belpietro), che ritiene di aver titolo per esprimere il vertice dell’ENI. L’ente più importante e strategico tra tutti.
Del resto è a tutti risaputo che il vero potere del noto diffamatore seriale non derivi certo dalla misera diffusione del suo “bollettino degli indagati” bensì dell’essere portavoce non tanto dei 5scemi quanto, invece, dei loro veri e unici danti causa; i magistrati “militanti”.
E stiamo parlando del “potere forte” di gran lunga prevalente, qui da noi. Mica pizza e fichi.
Mentre la politica dovrebbe essere in tutt’altro affaccendata, assistiamo, dunque, e come se niente fosse, al rito “partitocratico” per eccellenza: la spartizione.
E il commensale più famelico e aggressivo si rivela proprio quel movimento che predicava, in un tripudio di folle plaudenti, “giù le mani della politica dallo stato!”.
Le folle non ci sono più. E non ci sarebbero nemmeno se non fossero costrette alla detenzione domiciliare.

Ma i posti sono li. Ed è l’ultima occasione per prenderseli.

Probabilmente anche per garantirsi una “serena vecchiaia” visto che, come politici, i 5 scemi sembrano aver già traguardato la terza età e il pensionamento forzato si avvicina.
Uno spettacolo semplicemente osceno che si inserisce, in guisa di intermezzo, in quello più ampio, e non meno scadente, da un governo che, alle prese con un’emergenza drammatica, ha dimostrato di saper fare una e una sola cosa; far proliferare organismi inutili (task forces, comitati, equipes commissariali, ecc.).
Anche in questo caso: “posti”.
Se la politica è una disciplina molto difficile, che implica una preparazione e una selezione rigorosa per essere all’altezza, il “mestiere della politica” è di molto più facile e rapido apprendimento.
E, infatti, i 5scemi lo hanno appreso bene e in fretta.
Non c’è anfratto della PA in cui, sciaguratamente, si siano trovati a metter mano che non abbiano occupato con imbarazzanti figuri di loro stretta fiducia.
Il dramma è che ci troviamo in un momento in cui quanto mai ci sarebbe bisogno di politica.
E siamo, invece, nelle mani di miserabili mestieranti.

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